Picasso 1961-1972
01 ottobre 2002 – 12 gennaio 2003Un genio del ‘900, l’artista simbolo e icona del XX secolo, è in mostra a Padova, dal 14 settembre al 12 gennaio 2003, in un’eccezionale esposizione interamente dedicata all’ultimo Picasso.
58 dipinti compresi tra il 1961 e il 1972, anno precedente la morte del grande maestro, che nessuna delle mostre a lui dedicate in Italia ha mai presentato prima d’ora.
58 opere,provenienti per la maggior parte dalla collezione privata di Bernard Ruiz Picasso, che il pubblico potrà ammirare per la prima volta nelle sale affascinanti e raffinate di Palazzo Zabarella, nel cuore della città patavina.
Di Picasso molto spesso si sono celebrati il personaggio, le sue stranezze, gli aneddoti della sua vita e le peripezie amorose, più che la realtà dell’individuo e della sua arte.
Questa mostra, frutto della ormai consolidata collaborazione tra la Fondazione Palazzo Zabarella e il Comune di Padova, cui si aggiungono nell’occasione Images Moderns e Bernard Ruiz Picasso - nipote del grande artista e proprietario di una ricchissima collezione - e con il Musée des Beaux Artes de Nantes, darà spazio prima di tutto alla pittura di Picasso, alla sua creatività liberata - ormai ultra ottantenne - da ogni restrizione e da ogni limitazione, finalmente priva di condizionamenti e svincolata dalla necessità di compromessi.
La possibilità di esporre un numero così alto di opere create da Picasso nell’ultimo decennio di vita, consente ai curatori della mostra - Guy Tosatto, direttore del Musée de Nantes, e Bernard Ruiz Picasso – di indagare questa fase della produzione del pittore ancora poco nota e in certo senso “sconcertante”, per la forza espressiva e la stupefacente modernità che la connotano.
Nell’urgenza degli ultimi anni di vita, Picasso si “re-inventa” e crea una nuova maniera di dipingere, con una forza espressiva straordinaria, affrontando in modo inusuale alcuni temi ricorrenti della sua arte. Lo animano un’energia prodigiosa, che lo porta a dipingere uno, due, anche tre quadri in un giorno, una libertà assoluta e l’ansia d’avere tanto ancora da dire.
La pittura - ellittica, brutale, spontanea e di grande modernità - diventa allora la vera ed unica protagonista di questi anni, per un’estrema battaglia contro il tempo e l’ineluttabile.
Alla pittura Picasso si abbandona, conferendo alle sue opere un potere unico: quello di esprimere la vita e l’arte assieme, in modo indissolubile.
Tutto allora va bene, al pittore, per raccontare la metamorfosi degli esseri e delle cose: non ci sono più canoni estetici, né regole. Resta solo l’arte: pura espressione della vita, nella sua tensione verso il futuro.
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Il 1961 è un anno di transizione nella vita di Picasso, considerando il ruolo notevole che nella sua creazione hanno sempre avuto i luoghi di residenza e il posto essenziale occupato dalle donne. Nel marzo di quell’anno, precisamente nell’ottantesimo anno di vita, Picasso ha sposato Jacqueline, con cui conviveva dal ‘54, e nel corso dell’estate si è sistemato con lei in una fattoria a Mougins: Notre-Dame-de-Vie.
Il matrimonio con Jacqueline si presenta come un atto di fede: fede in lei che sarà l’ultima moglie e fede nella vita che egli sente sfuggirgli.
L’inquietudine che egli aveva comunicato attraverso Guernica, opera assurta a simbolo della modernità e conclusa pochi anni prima, permane come inquietudine verso la vecchiaia e la morte, ma questa volta egli non urlerà tale angoscia, bensì tenterà di superarla con un inno libero e spontaneo alla vita: un inno scritto con le note della pittura e sulla partitura di una tela.
Picasso è conscio, in quegli anni, di non dover provare più nulla, di non aver neppure più bisogno di dialogare con i maestri del passato, che un tempo gli servivano da grandi ascendenti. Ormai farà fronte a ciò che lo attende, con lo sguardo fisso verso il futuro. Quando riappariranno reminiscenze di ordine storico, le tratterà liberamente, senza l’impaccio di un riferimento preciso. La narrazione e l’aneddoto li lascerà al disegno e all’incisione e per la pittura non conserverà che l’essenziale: figure, nudi e - poiché sarà sempre abitato da qualche fantasma familiare - gentiluomini dell’epoca di Luigi XIV e toreri.Tutto ciò è preludio agli ultimi anni della sua attività, quando tra il 1969 e il 1972 Picasso inventa, una volta ancora, una nuova, straordinaria, vitale e liberissima pittura, alla quale si abbandona con pienezza ed ebbrezza stupefacenti.
Non sarà più il pittore, ma la pittura stessa: “La libertà di dipingere è la libertà di liberare qualcosa di se stessi. E’ necessario fare in fretta, poiché ciò non dura”.
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Le opere in mostra saranno presentate a Palazzo Zabarella e nel catalogo edito da Marsilio in ordine cronologico, a rispecchiare il procedere ma anche il divagare ondivago e appassionato dell’ultimo Picasso.
Alcuni temi sono ricorrenti: le donne e il rapporto tra il pittore e la modella; i toreri, gli autoritratti, i personaggi del XVII secolo e i moschettieri, ecc.
Le donne di Picasso. Negli anni ’60 il pittore concentra il suo interesse attorno alle preoccupazioni di sempre: la moglie che ama, il pittore, i suoi modelli. Jacqueline è lì, onnipresente: certo più stilizzata rispetto ai suoi primi ritratti, ma in atto di divenire a poco a poco una donna generica la cui silhouette riassume quella di tutte le donne, che l’artista si compiace di dipingere ogni volta sotto una luce diversa. Una volta è Jacqueline con gli occhi sgranati, spaventati, in un ritratto che fa pensare alle sculture in lamiera ritagliata di questo periodo Un’altra volta è Jacqueline dallo sguardo benevolo, compostamente seduta con le braccia conserte. Ancora è un nudo policromo dal profilo egiziano. Infine è Jacqueline dai mille volti, dalle mille metamorfosi, è insomma tutte le donne che Picasso ha incontrato, conosciuto, amato.
“Non è che la modella posi. Jacqueline è lei, come nella vita…ma ogni occhio ha il suo occhio, e ogni donna il suo modo di essere” (Hélène Parmelin)