I Macchiaioli

Prima dell’Impressionismo

01 ottobre 2003 – 08 febbraio 2004

La grande rassegna sui Macchiaioli, allestita nel 1975 a Monaco e trasferita l’anno dopo in un’edizione arricchita a Firenze, segnava proprio a metà della seconda parte del Novecento la decisiva svolta avvenuta nella riconsiderazione e nello studio del movimento, finalmente indagato nei rapporti che unirono pittori di estrazione e di formazione differenti, non solo toscani, e liberato dall’equivoco di un improprio confronto con la pittura francese e soprattutto con l’Impressionismo. Se la fortuna dei Macchiaioli nella prima metà del secolo scorso aveva esaltato, e, in qualche misura isolato i grandi protagonisti, Fattori in primo luogo, Lega e Signorini, cercando con continui richiami all’attualità o alla tradizione, in particolare Giotto e il Quattrocento toscano, di riscattarli da una dimensione ottocentesca provinciale; il secondo dopoguerra aveva faticosamente, anche a rischio di rinunciare a popolari suggestioni, ricostruito le coordinate storiche e più attendibili cataloghi degli artisti sulle basi dei recuperati apparati filologici.

Alla mostra fiorentina, che si presentava come una sorta di generoso consuntivo di decenni di vicende collezionistiche e di ricerche, è seguita la lunga stagione che, caratterizzata dalle nuove metodologie di indagine sull’Ottocento, ha proseguito lo studio comparato delle opere e delle fonti, reinserendo definitivamente i Macchiaioli all’interno del dibattito artistico italiano ed europeo. Emanciparli da un compiaciuto isolamento o da un facile ribellismo non significava disconoscerne l’originalità.

Originalità e grandezza che emergono ora da questa mostra, diversa nei criteri di scelta, di raggruppamento (per generi) e di confronto tra le opere, da tutte quelle che l’hanno preceduta. Verificare più a fondo la partenza della sperimentazione macchiaiaiola dalla pittura storica, senza timori di sottolinearne le tangenze con la cultura tardoromantica e purista, e far risaltare finalmente quanto abbiano saputo rinnovare i generi pittorici tradizionali, senza dimenticare che il distacco dai contenuti e la concentrazione sulla forma non escludano messaggi di forte spessore ideale ed etico, ha consentito di presentare i Macchiaioli in una luce davvero nuova.

Questo non sarebbe stato possibile senza la disponibilità di opere fondamentali arrivate dai grandi musei e dalle più esclusive raccolte private. Presenze, spesso davvero emozionanti, che ci consentono di far dialogare, come mai prima, i capolavori che hanno consolidato nel corso di un secolo lo straordinario collezionismo e la coinvolgente popolarità dei pittori toscani. Mentre sul versante pubblico è stata determinante la collaborazione, anche attraverso il diretto impegno nella mostra del suo direttore Carlo Sisi, con la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti a Firenze, depositaria del più cospicuo nucleo di dipinti macchiaioli, per quanto riguarda invece la ricerca delle opere di collezione ed il supporto scientifico dobbiamo molto al contributo dell’Istituto Matteucci di Viareggio, ormai imprescindibile punto di riferimento per gli studi e le iniziative sull’Ottocento. Sempre sul versante privato un apporto altrettanto decisivo è stato quello di Piero e Francesca Dini.

Con questa impegnativa impresa, destinata a lasciare un segno decisivo nella riconsiderazione dell’Ottocento, la Fondazione Palazzo Zabarella raggiunge un obiettivo davvero importante nella prosecuzione di una strategia culturale di ampio respiro che l’ha posta, in pochi anni e con legittimo orgoglio, in una posizione di grande rilievo nazionale nell’ambito della promozione artistica. Rassegne come quelle dedicate a Balla (1998), Hayez (1999), Mengs (2001), l’ultimo Picasso (2002-2003), ed ora questa sui Macchiaioli hanno saputo conciliare le attese del grande pubblico con l’impegno nella ricerca, individuando, anche con l’aiuto dei massimi esperti nei relativi settori, come Maurizio Fagiolo dell’Arco, Fernando Mazzocca, Steffi Roettgen, Bernard Picasso, Carlo Sisi, una sua specifica vocazione tra l’età neoclassica, l’Ottocento e i Novecento. Queste mostre vanno inserite in un ampio rapporto che la Fondazione ha saputo costruire con gli organismi di tutela, le istituzioni, i musei, il collezionismo, qualificandosi non solo nelle strategie di comunicazione, ma anche sul versante degli studi e della ricerca. La volontà di proseguire in questo ambizioso progetto culturale che ha impegnato e impegnerà Palazzo Zabarella in importanti inziative di restauro, di valorizzazione dei materiali artistici, come nel caso della collaborazione con l’Accademia e la Pinacoteca di Brera (per la catalogazione e la pubblicazione del corpus dei disegni di Hayez), di organizzazione di stage e di eventi culturali di vario tipo, come le raffinate serate musicali.

Da parte nostra continueremo ad impegnarci perché questo antico e illustre palazzo, nel cuore di una città dalla gloriosa tradizione nelle arti e negli studi, diventi sempre più un punto di riferimento internazionale per il pubblico e per la ricerca.